Giardini d'acqua Porto Cesareo

Il sole riscalda i licheni sulla roccia crollata laddove il mare ha scavato e dove il vento ha trasportato i semi di paesaggi lontani dal nostro tempo. Qui la natura ha trovato soluzioni armoniche alla tormentata morfologia fisica, creando un tappeto di velluto verde dove lo sguardo sosta prima di arrivare al mare: cespugli di lentisco, mirto e ginepri, modellati dal vento di scirocco, degradano in verdi cromie abitate da una timida fauna, mentre un intermittente stridulio di cicale tiene il tempo: è il battito della terra che cresce, malgrado l’uomo. 

La Puglia dal paleolitico all'VIII sec. a. C.

Un passo indietro

In epoca preistorica una vasta vegetazione boschiva ricopriva gran parte del Salento. Lo sviluppo demografico e l’intensificazione delle attività umane ne hanno modificato gradualmente la copertura vegetale.

Nel III sec. a.C. l’occupazione romana segna l’inizio della ripresa della vegetazione spontanea: la ridiffusione dei boschi in questo periodo è da attribuire al decadimento dell’agricoltura per lo sterminio dei popoli apuli. Infatti, secondo Giuseppe Palmieri “Il lungo soggiorno degli eserciti in questa regione e le continue devastazioni l’avevano renduta vuota di abitanti”   (Pensieri economici relativi al Regno di Napoli, Napoli, Ed. Vincenzo Flauto, 1789).

La Puglia romana IV-VII sec. D. C.

Nel XVIII secolo una legge che imponeva oneri fiscali ai possessori di boschi spinse questi ultimi a liberarsene, persino ricorrendo al fuoco. Un importante contributo allo studio fitostorico dell’Italia meridionale è rappresentato dall’Atlante geografico del Regno di Napoli del Rizzi-Zannoni, con rilievi risalenti probabilmente al 1798, che riporta nelle cartografie allegate gran parte dei boschi presenti all’epoca, comprese “Le folte Macchie d’Arneo” a ridosso dei nostri Giardini d’acqua (G.A. Rizzi Zannoni, Atlante geografico del Regno di Napoli, Napoli, Istituto Geografico Militare, 1808).

Cinque, sei secoli fa in Puglia molte aree boschive e foreste erano sotto il controllo dei feudatari che se ne riservavano il godimento esclusivo, per l’osservanza del quale era previsto un servizio di vigilanza armata a cura dei forestarii. Era il Re a nominare i maestri forestarii e ad enumerare tutte le foreste del Regno con il rispettivo numero di custodi. Alla difesa della “Foresta di Nardò”, anticamente chiamata Nerito e all’interno della quale affiorano i giardini dacqua, era preposto un solo forestario.

Il foglio n° 22 inciso da Giuseppe Guerra nel 1806 con rilievi risalenti al 1728

Da cosa nasce cosa: la flora

"Albero: l’esplosione lentissima di un seme"

B. Munari

Secondo Pietro Parenzan a pochi metri della superficie, al riparo dai venti secchi e dalla salsedine aggredente, si sono riparate oltre 130 specie.

Ancora oggi, approssimandoci alle spunnulate ed artigliando i “cuti” (scogli) sotto i nostri piedi, possiamo assistere a quella lentissima esplosione di semi che, partendo da una lontanissima primavera, ha rilasciato una colorata energia vegetale tra le fratture della costa, ed «alghe ed erbe acquatiche verdi come il vetro morbido» dentro le grandi ampolle calcaree delle spunnulate

La predominanza di Quercus ilex nelle cavità doliniformi riparate dal vento salso avvalora l’ipotesi che in passato il sito fosse coperto dal boschetto di Quercus ilex (leccio) che è stato distrutto dall’uomo e dal fuoco. 

Relativamente alle spunnulate di Torre Castiglione, la vegetazione è classificata come “vegetazione delle paludi salse” nella Carta della Vegetazione di Torre Colimena.

Flora idronte

Il microclima umido che si crea all’interno delle spunnulate favorisce lo sviluppo di una vegetazione particolare, creando “isole” di flora spontanea e selvatica in un contesto di terreni per lo più coltivati o degradati dal pascolo e dunque spesso prevalentemente spogli. Non è difficile trovare in queste formazioni carsiche, alimentate dall’umidità e dall’acqua delle risorgive, associazioni vegetali singolari e relitti floristici, grazie anche al particolare microclima riparato dai venti marini e alla posizione relativamente appartata rispetto alla forte antropizzazione della zona.

Nelle doline più grandi, che presentano lo specchio d’acqua sul fondo, è possibile distinguere una zonizzazione vegetazionale: 

A-G

Sui bordi superiori delle spunnulate troviamo: l’asfodelo mediterraneo (Asphodelus maritimus), la scilla marittima (Urginea maritima) e numerose graminacee;

B-C-D-E

Lungo le pareti ed i gradoni: ginestrino (Lotus commutatus), clematide cirrosa (Clematis cirrhosa), gnidio (Daphne gnidium), mirto (Myrthus communis), fillirea (Phyllirea latifolia), lentisco (Pistacia lentiscus), leccio (Quercus ilex) ed elementi del Quercion ilicis, smilace (Smilax aspera), cappero (Capparis spinosa), ombelico di venere (Cotyledon umbicusveneris);

F

Fondo delle doline: erba da chiozzi spiralata (Ruppia cirrhosa), brasca delle lagune (Potamogeton pettinata), rari ciuffi di schoenopletus lacustris.

Nei punti di emersione: cannuccia di palude (Phragmites australis), giunco marittimo (Juncus maritimus), giunco pungente (Juncus acutus), giunco nero (Shoenus nigricans), limonio comune (Limonium serotinum), enula bacicci (Inula crithmoides), astro marino (Aster tripolium).

Flora “banale”
Così definita dal prof. Michele Mainardi, è una specie derivante dall’utilizzo improprio delle spunnulate e che ha inquinato in senso vegetazionale quella precedente: mercorella comune (Mercurialis annua), geranio di San Roberto (Geranium Robertianum), geranio colombino (Geranium columbinum), geranio volgare (Geranium molle), acetosella gialla (Oxalis pes caprae), becco di gru comune (Erodium cicutarium), euforbia minore (Euphorbia peplus), malva selvatica (Malva sylvestris), e molte altre.

Gariga o flora di superficie
La zona intorno alle spunnulate ha subìto una estrema degradazione; millenni di azione antropica, di pascolamento, di incendi, di sfruttamento agricolo ne hanno modificato la vegetazione. Attualmente le specie vegetali che si impongono nelle aree circostanti le doline sono geofite, piante a bulbo che, durante i periodi di condizioni ambientali sfavorevoli, scompaiono rimanendo in uno stato di vita latente nei loro organi sotterranei e piante spinose che riducono la traspirazione trasformando le foglie in spine. Molto comuni in questo ambiente sono:

mirto (Myrtus communis), giaggiolo dei poveretti (Iris sisyrinchium), santoreggia (Satureya cuneifolia), alcanna (Alkanna tinctoria), finocchio selvatico (Phoeniculum vulgare), cisto di Montpellier (Cistus monspeliensis), violaciocca marina (Matthiola tricuspidata), erba medica marina (Medicago marina), sparzio pungente (calicotome spinosa), orchidea a farfalla (Orchis papilionacea), ofride fior di bombo (ophris bombyliflora), ofride gialla (Ophrys lutea), ofride fior di vespa (Ophrys tenthredinifera), ofride di Bertoloni (Ophrys bertolonii), ornitogallo (Ornithogalum sp.), ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus macrocarpa), silene colorata, orchidea farfalla (Anacamptis papilionacea).

Schede botaniche

Da cosa nasce cosa: la fauna

"Forme semplici come la goccia d'acqua o più complicate come la mantide religiosa sono costruite secondo leggi di economia costruttiva."

B. Munari

Giardini d’acqua d’estate si trasformano in una costellazione di suoni che va dal frullio d’ali di un tarabusino al sommesso brusio delle foglie di lentisco smosse da un colubro strisciante, passando dal frinire di grilli e cicale innamorate ed “il mare come direttore d’orchestra”.

Quando il sole è alto e riscalda gli anfratti rocciosi impegnati da gechi muti e timidi, è allora che l’aria diviene ovatta tiepida che imprigiona echi di vite nascoste.

Di notte poi, “come un invisibile carillon” si affievolisce il frinire delle cicale dentro “una stanchezza di cielo nel perenne silenzio delle sue costellazioni“. Su questa rampa di lancio verso l’infinito dell’orizzonte, le uniche ombre presenti sono quelle frastagliate che la luna piena disegna intorno agli antichi massi ricacciati dal mare, morbide ombre animate dalla corsa dei granchi all’interno delle piccole vaschette di acqua e sale, le acquesantiere del mare.

Nelle antiche carte topografiche e fino ai primi anni del secolo XIX l’Arneo viene rappresentato col fitotoponimo “le folte macchie di Arneo” popolate da cinghiali, caprioli, volpi, lepri e uccelli acquatici. Il medico e letterato Girolamo Marciano (1571/1628), all’interno della sua “Descrizione, origine e successi della provincia di Otranto” affermava che presso Torre di Castiglione vi erano:

"poco infra terra… molti abissi, grotte e naturali aperture piene di pietre e d’acqua salimastra, ridotti di pesci ed anguille saporosissime."

FAUNA D'ARIA

Le spunnulate si trovano in una posizione geografica di elevato interesse faunistico durante i mesi interessati dalle migrazioni autunnali e primaverili, soprattutto dalla seconda decade di marzo alla fine di maggio.

L’avifauna più rappresentativa dell’area costiera è composta da esemplari di Martin pescatore, Germano reale, Cavaliere d’Italia, Fraticello. Sugli scogli costieri, nelle polle sorgive all’interno delle doline, si possono osservare esemplari di Airone cenerino, Airone rosso, Garzetta, Nitticora, Tarabuso, Tarabusino, Sgarza ciuffetto.

Questo ambiente vede occasionalmente ospitare anche Occhioni, Pernici di mare, Codirossoni, Upupe e Cuculi che durante il tragitto della migrazione necessitano di soste per riposarsi e alimentarsi.

Le spunnulate di Torre Castiglione vengono così a trovarsi in una posizione strategicamente di maggior rilievo rispetto ad altri siti come lo stretto di Messina, Gibilterra e dei Dardanelli. È interessante segnalare, sul finire della primavera, la migrazione della Vanessa del Cardo (Vanessa cardui) mentre, sul finire dell’estate e l’inizio dell’autunno, giungono in Salento anche la Vanessa atalanta e l’Aglais urticae.

Nonostante siano farfalle comunissime sono molto difficili da fotografare: fuggono avvertendo il più lieve movimento.

Schede faunistiche

Schede faunistiche

FAUNA D'ACQUA

Il fondo delle doline di Torre Castiglione è popolato da una fitta ittiofauna con cefali (Mugilcephalus), gambusie (Gambusia affine holbrooki) e anguille (Anguilla anguilla), a testimonianza della comunicazione con il mare.

Le gambusie furono introdotte in passato per combattere la malaria. A causa dell’estremo isolamento dovuto al peculiare tipo di habitat si riscontra la presenza di specie per la maggior parte antiche, rare, caratteristiche o esclusive degli habitat cavernicoli: tra gli invertebrati destano particolare interesse Spelaemysis bottazzi, endemico della Puglia, Metaingolfiella e Diamisicamassai (endemico delle spunnulate di Torre Castiglione).

Questi ultimi rappresentano elementi faunistici molto antichi, paleomediterranei, che colonizzarono le acque sotterranee della Puglia circa 160 milioni di anni fa.

FAUNA DI TERRA

Sui bordi delle doline e nelle strade circostanti le spunnulate si sono riscontrate numerose tracce di piccoli mammiferi, come volpi (Vulpes vulpes), donnole (Mustela nivalis), faine (Martes foina), ricci (Erinaceus europaeus), che durante le ore crepuscolari e notturne escono dalle tane per la ricerca di cibo. Gli stessi mammiferi d’estate tendono ad abbandonare i rifugi della zona a causa dell’intensificarsi della presenza umana.

Erpetologicamente le spunnulate registrano una rilevante presenza faunistica. Tra i rettili si segnala la presenza della testuggine d’acqua (Emys orbicularis), del cervone (Elaphe quatuorlineata) e del colubro leopardino (Elaphe situla).

Schede faunistiche